La scuola e la nuova carriera del personale: valutazione integrale di tutto il periodo sia ai fini giuridici che economici
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a cura di Giambattista Rosato
Il personale della Scuola immesso in ruolo con decorrenza dall’anno scolastico 2023/2024 avrà la valutazione integrale di tutto il periodo di servizio prestato sia ai fini giuridici che economici, senza alcuna limitazione, così come avvenuto sino ad oggi.
In pratica, per il personale, cambia la modalità con cui si procederà all’elaborazione della cd. “ricostruzione di carriera”.
Il 7 giugno 2023 è stato approvato in Consiglio dei Ministri il decreto salva-infrazioni, proposto dal Ministro agli Affari Europei, Politiche di Coesione Sud e Pnrr, con il quale si vuole agevolare la chiusura delle procedure d’infrazione e dei casi di pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano da parte dell’U.E..
In alcuni casi, le norme introdotte sono in grado di sanare immediatamente un’infrazione, in altri casi, le norme costituiscono una premessa essenziale per giungere, a valle di ulteriore lavoro normativo e amministrativo, alla chiusura della contestazione.
In quest’alveo giuridico si prospetta una rivoluzione nel meccanismo cd. della “ricostruzione di carriera” del personale della Scuola; infatti il decreto salva-infrazioni, nel suo articolato, modifica contemporaneamente sia l’art. 485 che l’art. 569 del T.U. 297/1994.
Attualmente, l’art. 485 dispone che il servizio di insegnamento pre-ruolo prestato è riconosciuto come servizio di ruolo ai fini giuridici ed economici per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo.
Di contro, l’art. 569, prevede che per il personale Ata il servizio non di ruolo prestato sia riconosciuto sino ad un massimo di tre anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici.
Ciò posto, è quindi proficuo evidenziare che ad oggi è prevista la valutazione non integrale del servizio pre-ruolo statale, in quanto, per il personale docente, solo i primi quattro anni vengono valutati per intero, mentre l’eventuale ulteriore periodo pre-ruolo viene valutato nel limite dei due terzi; per il personale ATA, invece, è riconosciuto sino ad un massimo di tre anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici.
Situazione spesso ribaltata da un’ormai consolidata giurisprudenza formatasi sull’argomento, che sovente ha visto soccombere la Scuola e di riflesso lo stesso Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Quanto descritto sopra trova la sua chiave di svolta nella posizione assunta dalla Corte di Cassazione, intervenuta dopo la pronuncia “Motter” della Corte di Giustizia, con le sentenze 28/11/2019 n. 31149 e 16/12/2019 n. 33138, affermando che in tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato, poi immessi in ruolo, l’art. 485 si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente al criterio secondo cui l’aver prestato almeno 180 giorni di servizio equivale ad intero anno scolastico, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato.
Al fine di accertare la sussistenza di tale discriminazione, la Cassazione ha quindi affidato al giudice investito della questione, il compito di comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né applicare la regola dell’equivalenza dei 180 giorni di servizio all’anno scolastico intero e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato.
Nel dettaglio e nel concreto, il salva-infrazioni prevede una modifica al meccanismo di cui all’art. 485, nel senso che per i docenti immessi in ruolo a far data dall’anno scolastico 2023/2024 sarà prevista la valutazione integrale di tutto il periodo sia ai fini giuridici che economici, senza limitazione ai soli primi quattro anni.
Il decreto prevede però anche l’abrogazione del criterio fissato dall’art. 489 del T.U. del 1994, come integrato dall’art. 11, comma 14, della Legge 124/1999, in virtù del quale per la valutabilità del servizio di insegnamento come anno scolastico intero, è sufficiente aver raggiunto un minimo di 180 giorni di servizio, o aver prestato servizio ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.
Pertanto, è in atto una netta modifica del sistema di ricostruzione di carriera vigente, ovvero, ai fini del riconoscimento, giuridico ed economico, si valuterà il servizio di insegnamento pre-ruolo effettivamente prestato, non trovando più applicazione il criterio della validità dell’anno scolastico previsto dall’ordinamento scolastico al momento della prestazione, ossia del servizio di insegnamento come anno scolastico intero al raggiungimento di un minimo di 180 giorni di servizio, o con la prestazione di servizio ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.
L’abbaglio di questa rivoluzione, tuttavia, produrrà una disparità di trattamento, ovvero, la valutazione del servizio effettivo, come previsto nel salva-infrazioni, per molti docenti che hanno maturato in un anno scolastico solo il minimo dei 180 giorni previsti per la sua valutabilità, produrrà verosimilmente una ricostruzione di carriera meno favorevole rispetto ai docenti che, a parità di servizio pre-ruolo, l’hanno ottenuta secondo le disposizioni dell’art. 485 attualmente in vigore.
Quindi, a parità di periodi di servizio pre-ruolo, a seconda del momento di assunzione, antecedente o a partire dall’1.09.2023, si avranno docenti con un migliore inquadramento, grazie alle previsioni attuali, e docenti – immessi in ruolo dall’a.s. 2023/2024 – con un inquadramento anche di molto meno favorevole, a causa della modifica degli articoli 485 e 489, così come previsto dal cd. salva-infrazioni.
La “ricostruzione di carriera” cambia anche per il personale ATA, infatti il salva-infrazioni prevede la modifica, come sopra chiarito, anche dell’art. 569 del T.U. 297/94.
In particolare, è previsto che per il personale ATA immesso in ruolo a far data dall’a.s. 2023/2024, il servizio non di ruolo prestato nelle scuole statali sarà riconosciuto tutto per intero sia per gli effetti giuridici che economici, e non solo limitatamente ai primi tre anni.
Per l’effetto di quanto sopra, il salva-infrazioni per il personale ATA introduce il cd. “principio della valutazione del servizio effettivo prestato” che non produrrà, almeno con l’analisi ad oggi effettuata, alcun discrimine nella categoria, al contrario di quanto potrebbe accadere a tutto il personale docente.